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IL MONDO DEL LAVORO

 

Un re senza regno
nel mondo del padrone
cerca regina
avida di pace
che generi colombe
che di candore
inondino il mondo

 

ufficio.jpg (17807 byte)Ebbene avendo meno di vent'anni e da una piccola dattilo-scrivania dirigevo, persone, pratiche, situazioni, informazioni e quant'altro occorreva con una grande maestria.

Avevo già bene in mente cosa volevo fare da grande: creare, dirigere.

Lasciare la mia impronta su tutto ciò che avrei fatto e quella sorta di gavetta durò quattro anni.

Quattro anni con 40mila lire al mese.

 

La vita va vissuta in ogni suo momento
ciò che adesso attrae un attimo dopo non ha più senso.


Quello che oggi è indispensabile domani se ne farà a meno


Ciò che più conta è vivo nel ricordo


Il ricordo è un binocolo travisa il senso della vita
fa apparire vicino vicino i tristi ricordi
e proietta lontano quelli belli

 
La vita è realtà e quello che conta è che sei vivo


Vivo e libero di cantare e correre
di trovare albe tenere o rossi tramonti

d'ammirare voli d'uccello e rincorrere farfalle
Sentire tenerezza per un bocciolo

che s'apre al sole o un ramo che dona al vento


Ma che senso ha tutto questo?
quando la farfalla non vola
e il bocciolo è appassito
quando una nuvola oscura tutto.

 

Fu molto bravo il mio datore di lavoro, se così potevo chiamare l'ignaro avvocato, contento d'avere una segretaria che costava poco e che rendeva moltissimo.

Non si rendeva neanche conto che lo stipendio che percepivo non mi bastava neanche per comprarmi un pacchetto di sigarette ogni tanto e non ebbe neanche l'intuito di comprendere lo stato di sofferenza che ormai avevo addosso: in quel luogo dove non avevo più nulla da imparare. Pensavo d'iscrivermi al corso di laurea in giurisprudenza e fare l'avvocato per fatti miei ma da questo proposito mi fece desistere una giovane coppia, sposati e con due figli piccoli. Lui aspirante avvocato di successo lei prossima procuratore legale. Mi corteggiarono serratamente e due mesi, alla fine, mi convinsero ad accettare di lavorare con loro.

Il nuovo rapporto di lavoro era dignitoso e di qualità più elevata rispetto al primo. Avevo una stanza tutta mia. Non solo diventai indispensabile nell'andamento dello studio m'integrai così bene all'interno di quel nucleo da diventare perno principale. Con loro avevo trovato l'affetto e l'interesse di una vera famiglia che, per causa del mio carattere indomito e ribelle non ero riuscita mai a creare con la mia naturale, tranne che con l'ultima nata, Silvana.

La mia vita di cucciolo randagio fu raccolta e accolta da questa nuova famiglia con cui condivisi rapporti d'affetto in misura eguale per tutti e quattro i componenti. Un affetto che da parte mia venne ricambiato nella dedizione più sincera e totale. Nel frattempo il tempo passava ed io diventavo ogni giorno più brava in tutto ciò che facevo e per loro diventai l'esempio di "bravura" o meglio l'oggetto da mostrare agli amici ai quali decantavano le mie "virtù": "sa cucinare... e bene!", "sa stirare... a meraviglia!" "Nel lavoro... è troppo in gamba!".

Ero troppo ingenua per comprendere che con un solo - per allora - discreto stipendio esercitavo la professione di segretaria, baby-sitter, cuoca e cameriera nonché guardiana della casa quando tutta la famiglia era in vacanza.

Durante le loro scorribande tra amici mi portarono ad un circolo di tennis dove incontrai un uomo - per me - d'indubbia bellezza. Un aspetto dignitoso e superbo e soprattutto, come api attorno al miele, le donne se lo mangiavano con gli occhi. Fui l'unica che per un intero mese non lo degnai di uno sguardo anche perché in quel periodo avevo trascorso un altro di conflitti con Claudio che tra "prendi e lascia" la nostra storia era durata ben sette anni e adesso s'era sposato con un'altra lasciandomi nella delusione più totale: aveva ben fatto i suoi conti preferendo una donna che le facesse da madre e in più economicamente dipendente mentre io oltre me stessa non possedevo nulla.

Era agosto e nell'intervallo del pranzo andavamo al mare ai Ciclopi e nel pomeriggio a lezione di tennis con il maestro Russello, sempre più conteso da tizia o da caia a suon d'inviti a pranzo o a cena. Però da dietro quella maschera di mondanità lo colpii con il mio aspetto di ragazzina tenera e indifesa che aveva la passione per la moto e che, a dispetto delle altre, stava alla larga.

Forse il fatto che non l'avessi circondato di manifeste e palese attenzioni aveva in qualche modo ferito il suo orgoglio? Nulla immaginava che in quel momento nulla m'importava, preferivo stare per fatti miei con una radiolina in mano e una sigaretta dall'altra.

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