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Di nebbia

e non di nebbia
a mezzanotte è venuto
all’alba è andato via
Venuto

come un sogno di primavera
che presto svanisce
Andato

come le nubi del mattino
che non hanno dimora
               Baj Juyi

 

Il vento spazzava gli ultimi boccoli di nuvole

e la luna si mostrava pallida

come una lanterna giapponese.

felicita.jpg (27525 byte)Ridevamo come bambini.

La nostra passeggiata finì sul pianerottolo di casa.

Niente più freddo per le speranze nascoste che attendevano un futuro fin dall’età delle fate.

Lasciai andare la mano per salire di corsa i gradini quando nel cuore spuntarono tanti fiori, col tono caldo d’un rosso antico.

Entrammo.

Adesso ne ero certa, con lui non sarei stata più la stessa.

Dove sono?

Chi sono?

Ognuno è solo la metà di sé stesso

se l’altra metà non esiste.

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19.jpg (17063 byte)Una gioia leggera danzava nelle sue iridi che trasparenti si tuffavano nelle mie.

Erano i suoi occhi che gratificavano la mia mano che nuda e affamata non aveva mai domandato elemosina a nessuno. E fu anche vero che, con il respiro del suo candore, lui, nello slancio della conquista, mi costrinse a soccombere davanti all’irruenza d’una giovinezza che, nel bel mezzo della sua vittoria, s’allungò frizzante come un sole di primo mattino.

 

Ci stiamo perdendo in chiacchiere inutili, dissero le dita, scostando a una a una le ciocche che nascondevano la fronte.

 

Osa risposi in silenzio,

sono già bersaglio per la tua freccia.

Osa nella stagione in cui

il prezzo delle incursioni

è una moneta falsa

e sulla bocca carnale è pronta

a spolpare la croce del convento.

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Un rimescolìo di colpe voleva elucubrare la mente. Non avrei mai confessato i miei peccati neanche a lui: già balsamo per le ferite che in quel momento non sanguinavano più.

Troppo grigi erano stati gli anni trascinati nello squallore del quotidiano e, per un attimo, mi lasciai andare nell’acidulo sapore di chiuso che aveva la mia casa e sconfinai dal mondo che rappresentava, senza pudore, la mia esistenza.

Finalmente c’era il coraggio d’uscire dal tunnel che da troppo tempo mi tentava. M’annullava e tormentava con i più sottili dei dolori.

Sentii cigolare il sangue, fermo sotto il peso delle ossa, mentre la sua giacca cadeva sulla poltrona e, staccando a uno a uno i bottoni della camicia, restò a petto nudo.

Chiusi le palpebre: avevo conosciuto tanti uomini, nessuno rassomigliava a lui.

Qualcosa lo rendeva speciale, diverso dagli altri.

Era forse quel suo modo di sconvolgermi?

Indiscreta, disdegnai il muro che proteggeva il mio cuore e mi nascosi dietro lo specchio.

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